Buonasera dott. Miscia, vorrei essere preciso nel farle una domanda, ma mi risulta difficile. Mi limiterò a presentarle il mio caso. Sono un uomo di 47 anni, nel ’97 ho avuto una “crisi depressiva” acuta in occasione di alcuni disturbi fisici che poi hanno trovato una diagnosi di connettivite indifferenziata, che tuttora monitoro senza fare particolari terapie, pur soffrendo di disturbi vari. In quel periodo ero ancora studente universitario, in ritardo con gli studi e notevoli disturbi di ansia in occasione degli esami. Dalla crisi acuta sono uscito con i farmaci (fluvoxamina e alprazolam) e il sostegno dei miei genitori, da allora mi è rimasta una forma di insonnia che consiste in 2/3 risvegli precoci nelle prime ore del mattino, e l’uso di antidepressivi e psicofarmaci vari, che si è cronicizzato. Ho provato vari ssri, poi sono passato a venlafaxina 75 mg, e da due mesi a questa parte faccio duloxetina 60 mg., mi potrebbe servire anche per i dolori reumatici. Sono anche stato seguito da una psicologa di Pisa, due psicologi di Parma, dove lavoro, di orientamento cognitivo comportamentale, fino alla mia attuale terapeuta, che è anche neurologa e psichiatra, e segue un orientamento psicodinamico. Vivo da solo, non ho mai avuto una fidanzata, anche se il mio desiderio di intimità sessuale mi ha portato a frequentare delle professioniste. Non mi sento particolarmente adeguato nella sfera sessuale. Ho ancora un lavoro, che non mi da praticamente nessuna soddisfazione, tanto che il mio desiderio di andarmene e cambiare lavoro, rimasto sempre frustrato dal 2001 ad oggi, mi procura notevole tensione nei rapporti con i colleghi ed i superiori, ed una tendenza ad isolarmi sempre di più, fino a fare in modo da essere praticamente “demansionato”, ovvero lasciato in ufficio senza compiti da svolgere. Ho recentemente avuto un incontro con il datore di lavoro, che si è mostrato particolarmente comprensivo, dicendosi poi preoccupato per la mia situazione personale, e non intenzionato a incoraggiare una mia uscita dall’azienda. Mi ha anche consigliato di rivolgermi ad un psicologo. Quello che vorrei dire è questo: ho l’impressione di andare alla deriva, senza una meta, un percorso esistenziale appagante, sempre alla ricerca di un senso che in realtà non esiste. Spettatore passivo in quanto non so darmi degli obiettivi e soprtattutto temo di non avere mezzi adeguati per perseguirli. Cosa ne pensa? Tanto varrebbe rassegnarsi ed accettare la propria turbata inconsistenza? Grazie Cordiali saluti, R.