Gent.mo dottore ho un problema enorme con il peso, sono francamente obesa, pur essendo giovane. Non riesco a trattenermi , a pranzo con i miei faccio la moderata, ma, quando non mi vedono, saccheggio il frigo, mangio di tutto e di più fino allo sfinimento. Per fortuna non faccio come alcune mie amiche che poi si sentono in colpa, vomitano , lassativi, diuretici ( credo si chiami bulimia,) ma la mia cosa è? Credo che sia un fatto di cervello,non so se sono davvero depressa, magari in certi momenti mi sento vuota, mi sembra che la vita non abbia senso e mangio mangio. Ancora non ho avuto un ragazzo, non so se sono io che li faccio scappare oppure se proprio non piaccio, fatto sta che mi farebbe orrore spogliarmi davanti a qualcuno. Sto a Firenze, avevo pensato di venire a trovarla, ha avuto casi del genere? D.I.
Il fattore obesità, cioè non il semplice sovrappeso, alla sua età, pone problemi terapeutici non indifferenti. Dal suo comportamento sembra evincersi che lei sia interessata da una sindrome da “binge eater”che ha ,con la bulimia, l’affinità derivante dalla sensazione di perdita di controllo, senza però le complicazioni a cui lei allude parlando dei sintomi che ha riscontrato nella sua amica.E’ possibile, certamente, che alla base del disturbo si possa riscontrare un rallentamento metabolico o un problema neurobiologico, cioè una alterazione dei neurotrasmettitori che regolano il meccanismo fame- sazietà, anche se mi sembra molto importante, nella eziopatogenesi del problema,poter valutare il peso specifico dei meccanismi psicodinamici a sfondo compulsivo,cercando soprattutto di approfondire la relazione con la figura materna.Spesso si trova un rapporto pregno di ambivalenze in cui la madre, attraverso la equazione simbolica alimento= affetto, tende a negare il suo rifiuto inconscio verso la figlia iperalimentando la bambina e creando una dipendenza nei propri confronti attraverso il cibo. La figura paterna, per problemi personologici, sembra non svolgere, in questo caso, la funzione omeostatica auspicabilmente richiesta e il ruolo di mediatore nei rapporti con la realtà. Le difficoltà si spostano successivamente, nel tempo, dalle figure di riferimento ai possibili partner dell’età prima adolescenziale poi adulta, riproducendone le caratteristiche relazionali Ovviamente questi meccanismi possono essere compresi ed approfonditi solo tramite un contatto diretto.