Premetto che, ad eccezione di poche nozioni di base che ho appreso durante gli studi di medicina, sono completamente incompetente in materia. Ho letto però con grande interesse quello che lei scrive sulla regressione ipnotica Mi viene in mente Dante nel suo cammino attraverso il suo Inferno con la guida sicura di Virgilio, verso il quale nutre grande fiducia, ammirazione e rispetto. E Virgilio lo ricambia con la sollecitudine. la solidità e la “cura” di un amore quasi paterno. Molto rassicurante, appunto. Ma il cammino attraverso se´ stessi è doloroso: non rischia l´ipnoterapeuta, di diventare un riferimento assolutamente inalienabile nel tempo, proprio per quella sua capacità di guida e di “prendersi cura”, per quell´accogliere nelle proprie mani, che offre respiro e scolora i fantasmi che si agitano in ognuno di noi? Può l´ipnoterapeuta rimanere abbastanza “fuori” dal suo paziente da non creare una dipendenza verso di sè, pur entrando così profondamente in lui da ottenerne la fiducia e l´abbandono necessari al suo compito di guida?