Confronto fra Psicoanalisi e Psicoterapie adattive

La psicoanalisi ha ereditato dalla tecnica ipnotica lo strumento del lettino, la cui funzione è soprattutto quella di svincolare il cliente da un contatto realistico con l’analista, agevolandone la possibilità di entrare in contatto con le fantasie. Dobbiamo rilevare che, anche in questo caso, viene favorita una posizione corporea che agevola il rilassamento e come questo risparmio energetico venga utilizzato per investire, regressivamente, i processi psichici. Nella cosiddetta “alleanza terapeutica”, che sembra essere un fattore di grande importanza nella evoluzione mentale, si realizza una scissione dello psichismo del soggetto in una parte osservante, identificantesi nello psicoanalista, e in una parte osservata. Possiamo ipotizzare che questa identificazione sia in parte primaria e in parte secondaria. La componente primaria consiste, probabilmente, in una riattivazione della identificazione originaria materna, pregna di elementi magico-simbiotici, preverbali, con le modalità di quello che Freud definiva “processo primario”e non differisce, in questo, perciò,dalle caratteristiche insite nel rapporto ipnotico. La produzione verbale che si riscontra, una volte indeboliti i meccanismi di controllo, tramite sollecitazione dello psicoanalista,si esprime in “associazioni libere” in cui i collegamenti effettuati non corrispondono a criteri logici. Quindi, la grande scoperta di Freud consiste nell’aver individuato che era propria di questo stato mentale arcaico una modalità di funzionamento psichico, per esempio l’identità di percezione in luogo della identità di giudizio, il dominio del principio del piacere su quello di realtà,l’assenza del principio di “non contraddizione”.., la cui espressione verbale dava accesso ad un materiale prelogico estremamente prezioso. Utilizzando poi il funzionamento psichico del “processo secondario”, strutturatosi successivamente nella evoluzione psichica, e dominante nella identificazione secondaria con lo psicoanalista , il materiale emerso viene messo a confronto con l’io della persona la quale, soggetta a meccanismi di difesa inconsci che si esprimono nel transfert come” “resistenze”,è aiutata nel valutare, esaminare ed elaborare.

Il processo analitico si basa, in altri termini, su una scissione della psiche del soggetto di cui una parte sperimenta, nel transfert ,tramite identificazione primaria, la riattivazione delle immagini arcaiche del processo primario e che si esprime successivamente attraverso le libere associazioni. Si verifica poi,tramite l’ identificazione secondaria con lo psicoanalista, attraverso ostacoli endopsichici di maggiore o minore entità,un confronto di queste parti con l’altra componente dell’io del soggetto, la quale utilizza il processo secondario e l’esame di realtà. La laboriosità e la lunghezza di questo processo, per altri versi inappuntabile su un piano teorico-clinico, ha creato i presupposti perché nascessero le cosiddette “psicologie dell’adattamento”, cognitivismo e comportamentismo, le quali non valutano il sintomo nel senso etimologico come “segnale”di un conflitto e quindi come elemento guida che sollecita ad una indagine, ma come un errore di adattamento, “poor adaptation”,considerandolo semplicemente qualcosa da eliminare, cioè non come l’emergere di un problema ma il problema stesso. Di conseguenza sono stati considerati superflui gli strumenti analitici, il lettino, la regressione, il transfert, le libere associazioni e le analisi delle resistenze. Il terapeuta si pone di fronte al cliente come emblema e rappresentante dell’adattamento adeguato, (ricordiamo come, in analisi, lo psicoanalista non si ponga mai come soggetto risolto ma solo come terminale delle proiezioni del paziente e strumento interpretativo). Essendovi un target ben preciso cioè l’eliminazione del sintomo,tutto diventa funzionale a questo scopo, compresa la somministrazione di consigli e la prescrizione di compiti da svolgere. Notiamo che la terapia è decisamente più corta, poiché la soppressione del sintomo ne sancisce la fine,mentre in analisi la sua cessazione è solo propedeutica ad un approfondimento della dinamica psichica sottostante. Coloro che esprimono perplessità sulle tecniche adattive sostengono che, come la riduzione della temperatura con gli antipiretici non elimini la broncopolmonite, così il risultato ottenuto lasci inevaso il conflitto soggiacente, che quindi tenderà a ripresentarsi sotto mutate spoglie. D’altra parte, essendo il sintomo, secondo la teoria dell’adattamento, il problema stesso, il nuovo disturbo è considerato qualcosa di veramente “ nuovo” e sarà trattato come il precedente. Se prendiamo in esame l’obiezione che viene fatta all’analisi, di creare dipendenze prolungate,gli psicoanalisti tendono a replicare innanzitutto che l’analisi non crea dipendenze, poiché niente e nulla può creare una dipendenza inesistente. Essa, semplicemente, tende a evidenziarle, ed è, al contrario, l’unica procedura che ne permette il superamento attraverso la elaborazione nel transfert. Essi sostengono che la mancata risoluzione della dipendenza è invece una problematica insita nelle terapie adattive, in primo luogo perché il terapeuta si pone come esempio di perfetta integrazione, quindi come modello, in secondo luogo poiché si serve di strumenti direttivi e suggestivi . Inoltre fanno notare che, anche se con questo metodo sembra che il processo si svolga su una base esclusivamente realistica, gli elementi arcaici della personalità del cliente in terapia sono semplicemente celati, ma agiscono e vengono proiettati sulla figura del terapeuta: essendo tuttavia rimossi e non accessibili all’interpretazione ,al soggetto non è offerta la possibilità di elaborarli tramite l’interpretazione delle caratteristiche della relazione.