Salve, le scrivo in merito alla mia condizione. Sono una ragazza di 22 anni e da circa 3 anni, con l’inizio dell’università, ho cominciato ad avere pensieri e convinzioni che mano a mano hanno condizionato sempre di più la mia vita sociale. Inadeguatezza, insicurezza, carattere sempre più introverso mi hanno impedito fino ad ora di costruirmi una vita tutta mia, portandomi a ruota a chiudermi di più ed ad essere sempre più scontenta della mia vita sociale e gelosa e invidiosa di quella altrui. Se da una parte aspiro a migliorarmi, dall’altro non faccio altro che autosabotarmi. Non riesco a esprimermi e a far passare all’esterno i miei “veri” sentimenti. Sembro sempre felice, sicura e ottimista. O almeno ho questa idea di carattere che devo far pervenire all’esterno e che come una pulsione non riesco ad arginare. Sono stata inizialmente per un breve periodo sotto cura psichiatrica ma ho abbandonato poichè non riuscivo con la dottoressa a far trapassare nulla. L’anno scorso, comparsi attacchi di panico, terrori notturni e nuovamente insonnia ho deciso di rivolgermi a una psicoterapeuta. Ho fatto qualche passo avanti nel senso che ho intrapreso un nuovo percorso universitario, ho migliorato il rapporto con i miei genitori e familiari che prima era pessimo. Per un incidente in auto avvenuto in estate ho calato vertiginosamente il consumo d’alcol, di cui abusavo giornalmente, e droghe. Con una sorta di autopunizione/punizione imposta ho interrotto il circolo vizioso in cui ero finita e ho cominciato a non uscire più(anche perchè mi sono allontanata da un’ amica). All’inizio questo mi faceva scalpitare ma poco a poco mi sono abituata e mi sono accorta di quanto stress mi recava gestire il mondo sociale. Penso, dunque, che la tranquillità guadagnata nell’ultimo periodo sia dunque dovuta a questa mia nuova condizione di “solitudine”. Ho numerosi e continui episodi bulimici con tutto quello che comportano. Ho tentato il suicidio abusando di farmaci e per un episodio di autolesionismo sono finita in ospedale dove mi è stata fatta una diagnosi di personalità Borderline ( ho schivato grazie all’intervento di mio padre il ricovero ) e consigliata una cura pasichiatrica. Vivo perennemente sotto mio controllo in quanto sebbene abbia voglia di tagliarmi, di bere, etc resisto anche se tali pensieri mi inseguono. Purtroppo l’aumento di peso è conseguenziale poichè sono fortemente apatica e le crisi sono giornaliere. In alcuni momenti Mi sento emarginata dagli altri, mi offendo per poco ma la rabbia e la frustrazione la sfogo solo con i miei genitori ( coloro che mi amano incondizionatamente) In altri momenti mi sento padrona di me stessa e quasi superiore a tutti. Non riesco a parlare in psicoterapia di questo poichè come mi succede con le persone penso a momenti di non starle in simpatia. Alle spalle nell’infanzia ho un intervento chirurgico che ha fatto da trauma e mi ha costretto a letto per qualche mese. Vorrei chiederle se, a parer suo, sarebbe necessario integrare una cura farmacologica o se la terapia possa porre “rimedio” a questa mia instabilità emotiva. in attesa di un suo riscontro La ringrazio fortemente dottore. Saluti
Salve , la necessità di introdurre o meno una cura farmacologica riguarda le caratteristiche di transfert verso la sua terapeuta perchè potrebbe inscriversi in un messaggio di fiducia solo parziale circa il suo cammino psicologico, quindi è necessario parlarne con lei .In assonanza, infatti, il fatto di pensare di non stare in simpatia alla psicoterapeuta può anche dipendere dalla dinamica proiettiva della propria aggressività su di lei. solo dopo aver elaborato queste dinamiche transferenziali si potrà parlare , o meno, di opportunità di inserire una farmacoterapia. La saluto cordialmente. Antonio