Caro dottore,sono vicino agli “anta” e mi trovo in una situazione che mi sembra inesplicabile. Sono sempre stato un tipo amante dello sport, tutto quello che le può venire in mente, dalla corsa al body- building ma soprattutto sports rischiosi, dalle arrampicate, al paracadutismo, kajak con discese sui torrenti, gite in moto con gli amici a tutta manetta e una certa predilezione per lo sballo, non roba forte, però ,forse in me c’è sempre stata, per fortuna, una tendenza conservativa di base. A livello sentimentale ho avuto tutte storie brevi,di sesso dopo averlo fatto mi veniva una specie di rifiuto, tipo nausea, insomma le donne mi sembravano poca cosa rispetto ai brividi che mi davano le mie avventure.Poi, arrivando sui 35 ,purtroppo, si è verificato che molti dei miei compagni di avventura,prima l’uno, poi l’altro, si sono sposati, e mi sono trovato all’improvviso praticamente quasi isolato. Nello stesso tempo mi ero reso conto che il fisico non rispondeva più come prima, mi stancavo più facilmente,avevo bisogno di dormire, doloretti vari… A un certo punto compare la classica “ lei” e mi ci sono attaccato, penso ora si trattasse di un problema di solitudine, anche se allora mi sembrava una cosa “speciale”. Era tutto il contrario di me, a livello fisico niente di particolare, ma appariva colta, riflessiva , mi chiedo che cosa gli sia piaciuto di me, forse proprio il fatto che fossi della sua polarità contraria. Senza accorgermene, mi sono trovato come irretito e piano piano qualcosa è cambiato dentro di me, sono venute fuori delle paure che non conoscevo,una volta ho avuto una crisi di panico in ascensore mentre andavamo a trovare degli amici,un’altra volta, al mare, mi ero appena spinto in là e sono stato preso da terrore e ho quasi rischiato di affogare, io che facevo km.e km. al largo! Dei miei sports estremi ormai mi viene paura solo a parlarne, progressivamente ho cominciato a sentirmi come svuotato, depresso, la notte adesso fatico a prendere sonno e mi sveglio presto e con l’angoscia. Dimenticavo di dirle che vivo con i miei genitori anziani, unico figlio, fatto abbastanza tardi. Ma il problema che mi angoscia è quello della discontinuità fra come apparivo prima e come mi trovo adesso, mi sembra che in me abitino due persone completamente diverse: cosa ha in comune l’uomo coraggioso sprezzante del pericolo e amante del rischio con l’individuo impaurito e titubante, disorientato che sono ora? E quale è la mia vera identità? La mia metà dice spesso che sono un bambino, un immaturo, che non voglio prendermi le mie responsabilità. Cosa vuol dire “non voglio”, come se fosse qualcosa che io posso decidere!Il fatto che io mi trovo ad essere così come prima ero in un altro modo, non è una decisione, qualcosa che è a disposizione di una mia libera scelta, e poi cosa è davvero una scelta!Sembra che la nostra essenza sia qualcosa che possiamo solo rilevare , voglio dire mi sembra che non possiamo stabilire di essere in un modo piuttosto che in un altro.Lei che ne pensa? F.B.
Il problema dell’identità è molto complesso perchè credo che ciò che noi definiamo con questo termine raccolga molti parti del nostro sè che si presentano nelle varie contestualità o nei diversi momenti dell’esistenza, talora estremamente diverse tra di loro. Ma lo sono solo apparentemente, perché, a livello inconscio, tali incongruenze, se vengono analizzate, tendono a trovare un loro significato in modo tale che , dopo una analisi esaustiva, le varie parti non paiono più discordanti ma deterministicamente assolutamente comprensibili. In questo senso può essere interpretato il suo “coraggio” giovanile come una possibilità del suo “io”, rinforzato dalla identificazione con vari membri del suo gruppo, di deflettere all’esterno la aggressività facendola apparire come sprezzo del pericolo. Un io, fra l’altro, giovane, non indebolito dalle fantasie di deterioramento comparse successivamente. Credo che appunto, in un secondo momento, dopo qualche anno, lei non abbia più potuto contare su questi parametri galvanizzanti sia perché il gruppo si è sciolto e quindi sono venuti a mancare i processi identificativi, sia perché ha iniziato a percepirsi non più gagliardo come prima, anche se questa mi sembra più una conseguenza dell’abbandono degli amici che non una causa primaria. E’ possibile poi che un ulteriore elemento regressivo possa essere stato innescato dalla presenza di una compagna vissuta più come imago materna che come donna( il sesso come va?): la aggressività perciò, non più estroflessa fuori dal sé ha diretto le sue energie all’interno del suo psichismo implodendo e creando le angosce claustro- agorafobiche a cui lei fa cenno nella lettera. Per quanto riguarda l’ultima parte del suo scritto lei ha pienamente ragione. Noi non possiamo essere diversi da ciò che siamo in un certo momento storico nel senso che non abbiamo a disposizione una libera volontà che ci fa scegliere un percorso piuttosto che un altro. Gli esseri umani parlano di scelta perché si illudono di poterlo fare, in quanto la natura ci concede questa apparenza probabilmente per non consegnarci alla passività. Quindi la sua ragazza deve rinunciare ad illudersi di cambiare l’uomo che le sta accanto e se vuole qualcosa di diverso deve volgere altrove il suo sguardo. L’unica possibilità che ha l’essere umano di mutare è tramite un profondo processo psicoanalitico, ma ci vuole tempo, disponibilità e caratteristiche introspettive e di insight adeguate. Questo potrebbe essere un percorso idoneo per lei, magari preceduto da un trattamento ipnotico per fronteggiare, in tempi brevi, le fobie che le creano disagio.