Gentile Dottore, mi hanno consigliato di rivolgermi a Lei per ottenere alcune risposte. Sono una ragazza di 32 anni, fin da piccola ho manifestato degli stati ansiosi aggravati dal continuare a vedere le case di cura dove mio padre veniva ricoverato (soffre d’ansia e depressione da pochi anni dopo la mia nascita). Lì ho visto molte persone fuori controllo e ho cominciato a creare un mio scudo di autocontrollo costante per l’angoscia di diventare un giorno come loro. Nel frattempo, ho vissuto diversi traumi tali da creare anche un muro tra me e le persone per la paura di venire nuovamente ferita e per l’imbarazzo che vivevo (a 15 anni ho dovuto portare un busto di gesso per la schiena per un anno e successivamente quelli mobili per altri 3 anni). Dopo uno svenimento dove ho riportato la deviazione del setto nasale per la caduta, ho cominciato ad avvertire delle sensazioni di estraniamento, avevo paura di cadere, di non svegliarmi più (infatti durante la notte soffrivo di continui attacchi d’ansia e tachicardia), mi sentivo debole e fuori dal mondo. Etichettate come sensazioni post perdita di sangue quindi debolezza, non hanno voluto indagare ulteriormente ma io ho continuato ad avere queste sensazioni durante la notte pertanto faticavo ad addormentarmi. Successivamente con l’andare del tempo, purtroppo sono cominciate ad avvenire anche di giorno, soprattutto nei centri commerciali o dove c’era molta gente, avevo paura di svenire e mi sembrava di guardare tutti dall’esterno e non essere più io. Ho seguito una psicoterapia per due anni ma non mi è stata di alcun aiuto, ho fatto dei cicli di antidepressivi vari ma non ho riscontrato nessun miglioramento. Dal 2005 soffro di gastrite cronica ed esofagite da reflusso, prendo continuamente gastroprotettori e nonostante la patologia ci sia e sia stata riscontrata dagli esami, il mio gastroenterologo è sicuro sia dovuta da una somatizzazione delle emozioni e da ansia e stress. Nel 2009 ho avuto un periodo di attacchi forti di gastrite tali da perdere 15 kg (ed ero già sottopeso prima) e non sono riuscita a fermarli fino a quando non ho ricominciato l’antidepressivo seguita da una psichiatra. Nel 2010 ho ripreso i kg persi, la gastrite c’era ma si manifestava solo in determinate occasioni, la depersonalizzazione continuava ad essere presente ma cercavo di conviverci. A fine anno, insieme alla psichiatra, abbiamo deciso di sospendere la cura in vista di una futura gravidanza. Dopo soli 3/4 mesi, complici anche brutti traumi vissuti (perdita del lavoro di mio marito, una bomba esplosa nel palazzo dove vivo e altri momenti poco sereni), ho cominciato a mangiare meno vittima della gastrite finchè una notte mi è successa una cosa strana: ho cominciato a non riuscire a respirare, mi sentivo come se l’aria non riuscisse a riempire i polmoni. Mi premeva il cuore e mi bruciava la gola che sentivo chiudersi. (Premetto che soffrendo d’ansia da anni, conosco bene i sintomi del respiro e che quindi ero certa non fossero attacchi d’ansia o panico). Sono andata spaventata al pronto soccorso dove hanno rilevato delle extrasistole e, come già sapevo dal mio gastroenterologo, un mal funzionamento della valvola miocardica. Fatti tutti gli accertamenti sul cuore, il problema ha continuato comunque a persistere, avevo dolore nel respirare, come se l’aria mi grattasse dalla gola fino ai polmoni. Ho cominciato ad avere istinti suicidi non perchè non volessi vivere ma perchè avevo troppo male per continuare. Ho perso nuovamente 15 kg, non riuscivo ad alzarmi dal letto e finivo sempre al pronto soccorso dove mi facevano delle flebo di gastroprotettore perchè dalla mia descrizione sembrava trattarsi di reflusso gastroesofageo. Dopo una visita gastroenterologica, ho preso farmaci più forti per lo stomaco ma mi è stato consigliato di cominciare nuovamente l’antidepressivo cosa che ho prontamente fatto. Ad oggi, un anno dopo quindi, posso dire di riuscire a mangiare, qualche volta ho degli attacchi di gastrite ma nulla di incontrollabile. Purtroppo però i dolori durante la respirazione non sono affatti finiti, l’unica differenza è che l’antidepressivo mi ha dato la forza di non pensare al suicidio. Se prima durante il dolore pensavo “non ne posso più, voglio farla finita” adesso cerco di non pensare a nulla o di dormire per “spegnermi” e darmi un po’ di pace. Ammesso e concesso che si tratti di “semplice reflusso” che quindi mi brucia le vie respiratorie, può c’entrare la depersonalizzazione? Può essere l’ennesimo meccanismo di difesa che il mio corpo si è procurato? (anche se in questo caso non ne capisco il senso). Mi ero “abituata” a vivere con la depersonalizzazione e i problemi che recava (dal non riuscire a guardare bene le persone in faccia perchè mi sembra che il campo focale si stringa diventando nero, al non sentirmi presente nelle discussioni e nella vita e stando sempre più in silenzio e in disparte ecc.), ma ora, con anche la fatica del respirare, non ce la faccio davvero più. Al momento assumo 60 mg di antidepressivo (Cymbalta) e 0,50 mg di ansiolitico (xanax) e seguo una psicoterapia da un anno. Spero che almeno lei sappia dirmi cosa mi sta succedendo e se sono destinata a vivere così.
Grazie milleSalve, da quello che lei scrive sembra di comprendere, come in lei sia presente uno stato di depressione ansiosa con sensazioni di depersonalizzazione, sufficientemente controllata attualmente dalla farmacoterapia e psicoterapia. Permangono somatizzazioni importanti anche se attenuate parzialmente, come il reflusso gastro-esofageo che può avere anche una eziologia psicogena e la sensazione di dispnea. La terapia farmacologica sembra adeguata , per quanto riguarda la psicoterapia è lei stessa che può valutare se con lo specialista si è creato un rapporto di fiducia e collaborativo, indispensabile per ottenere un miglioramento della conflittualità presente. Anche l’ipnositerapia affidata a mani esperte può dare buoni risultati. Un cordiale saluto. Antonio