ho 24 anni e da qualche tempo soffro di un senso di angoscia che non mi permette di vivere serenamente. Si tratta di un angoscia di morte che porta a “ribellarmi” al fatto che la nostra vita non è infinita. Sono cristiano ma non riesco a non pensarci. Mi sono laureato con grandi risultati e mi appresto a lasciare casa, forse, per sempre. Sto male e non so come reagire. Sono abituato a trovare soluzioni per ogni problema ma questa volta non è possibile. Come fermare la morte? Ci sto provando con la fede ma non riesco ad ottenere grandi risultati. Ho fasi depressive con un senso di angoscia che mi pervade il petto e fasi in cui mi sento euforico perché sostenuto dalla mia fede. So che vivere pensando alla morte significa non vivere perché sono ossessionato da questa angoscia. Che tipo di soluzione mi consiglia? Grazie in anticipoCordiali saluti
La tanatofobia è caratterizzata da violenta angoscia al pensiero della morte e alla vista di oggetti che richiamano alla mente anche lontanamente la morte (lapidi, fiori, necrologi)Il soggetto evita la partecipazione a funerali ed accuratamente argomenti che concernono la morte.Vediamo la psicodinamica.Il bambino, fin dalla nascita vive la drammatica conflittualità tra pulsione di morte e pulsione di vita. L’angoscia provocata dalla pulsione di morte viene separata dalla pulsione di vita (scissione) e proiettata sull’oggetto (proiezione), mentre la pulsione di vita invece viene riferita al sé (introiezione). Questa dinamica sta alla base dell’Io buono e dell’Io cattivo e porta a quella che Melanie Klein chiama “posizione schizoparanoide”. Le angosce di morte sono quindi angosce persecutorie create in genere dalla fantasia di un imago materna invasiva che aggredisce la parte buona del sé e che il bambino non riesce ad allontanare da sè. E’ necessario ed opportuno, sempre in presenza di una sua disponibilità, effettuare un lavoro psicoanalitico profondo che permetta , da una parte, una comprensione profonda del conflitto rimosso, dall’altra l’introiezione di un immagine materna benevola che rinforzi le istanze buone a detrimento di quelle aggressive. Ciò può verificarsi lavorando con un terapeuta che riscuota la sua fiducia e con cui costituire una solida alleanza di lavoro. Unitamente e contemporaneamente all’analisi, anche l’ipnosi può essere utile nel bonificare le angosce persecutorie creando progressivamente un cuscinetto psichico che crei un diaframma intessuto di fantasie benevole tra il sé e le immagini che la tormentano. La saluto cordialmente. Antonio