Gentile ed egregio Dott.Miscia,mi chiamo Riccardo e sono un giovane Medico di 26 anni. Mi sono laureato 1 anno fa, devo entrare in specialità.Da ormai circa quattro anni, si è creata in me una spaccatura. Prima ero un ragazzo gioioso e mi definivo felice. Poi, ho iniziato ad avere momenti nei quali percepivo il futuro come insensato, come se nel mio futuro vi fosse un muro, come se tutte le scelte del mondo non avrebbero mai potuto darmi un “qualcosa” che mi mancava, e che mi tormentava con la sua mancanza. Ciò è divenuto sempre più frequente, diventando un pensiero quotidiano ad oggi, portandomi a pensare al suicidio. Io sono andato avanti con la mia vita, che è pero´ ovviamente divenuta meno appagante, e la mia capacità decisionale è lentamente venuta meno, il mio interesse per la medicina è scaduto, e a volte mi chiedo se non fosse questo il problema. Io volevo essere filosofo, o fisico, ma ho seguito la strada più pragmatica. Ormai, però, non confido nemmeno più che qualsiasi azione nel mondo, che sia cambiare mestiere, città, paese, o accumulare ulteriori esperienze di vita, possa riportarmi alla pace. Credo che in questo vi sia una forte componente di ansia, più o meno conscia.Nell´ultimo anno, non ho un ruolo ben definito nella vita, lavoro ma senza una routine quotidiana, e questo sicuramente mi ha esposto maggiormente a tale disagio. La realtà è che anche nei momenti di piacere, lavoro, amicizia, provo questa stessa sofferenza.La mia vita sociale non è molto appagante, e questo è certamente importante. Ho dei buoni amici, che però sono molto disillusi e materialisti, in modo forse sano (meno astratti di me, e quindi meno proni a perdersi nel territorio del pensiero), ma anche tale che non rispecchiano il mio sentire. Con le donne intrattengo rapporti piacevoli, ma mai pieni, anche in relazioni durature e equilibrate. Il sesso mi annoia, e spesso mi pare finzione, anche se non ho problemi della sfera sessuale.Sono ateo, ma sento in me un forte senso di religiosità della vita, come penso si legga, perché rifiuto di relegarla alla biologia e materia, anche se tale senso non prende forma di fede in nessun credo.Sicuramente, la mia situazione lavorativa di transizione non aiuta, come detto. Non sento però stimolo ad andare avanti, anche se lo faccio per motivi di sopravvivenza, poiché nei momenti vuoti dal piacere, lavoro, di-vertimento, ritorna il vuoto.Ho frequentato una psicoanalista junghiana, ma senza risultati a mio parere. A volte mi chiedo se non sono io a creare tutto questo, a farmi troppe domande, ma non so smettere. Ormai non credo più nel mio stesso pensiero, dato che le mie opinioni, desideri ed idee cambiano molto rapidamente, e non mi fido più di me stesso.

C´è soluzione? Cosa suggerisce? Grazie Riccardo