Gentile Dottor Miscia
Sono un uomo di 40 anni. Le scrivo per chiedere il suo parere sulla mia condizione mentale. Cerco di farla breve sul mio passato, anche se sono consapevole che parte, se non tutto, dei mie problemi è dovuto al mio passato. In infanzia ho subito un episodio di abuso sessuale con anche un episodio di molestia in adolescenza. Un rapporto molto affettuoso con mia madre e un po’ conflittuale con mio padre. All’età di 18 anni sono immigrato in Italia dove ho conosciuto la mia attuale moglie e con la quale abbiamo avuto due bambine. Sono di carattere impulsivo e insicuro e ho sempre cercato l’approvazione degli altri temendo il giudizio altrui. Durante la mia vita ho avuto diversi episodi di ossessioni incentrate principalmente alla sfera sessuale personale, dalla convinzione di essere omosessuale a quella di essere un pedofilo. Ho combattuto con queste ossessioni riuscendo a stare a galla, anche se ero cosciente che non mi permettevano di vivere una vita serena. Circa 1 anno e mezzo fa, durante un periodo di stress lavorativo, come un fulmine a ciel sereno mi piomba addosso un senso di alienazione e annullamento esistenziale totale. Un sensazione di scollamento percettivo mai provato che mi spaventò tantissimo e mi gettò nell’ansia. Pensai di averi problemi psichici gravi latenti che stavano venendo a galla. Una paura terribile di impazzire e di fare male alla mia famiglia che generava ancora più ansia. Mi rivolsi a un psichiatra il quale mi diagnosticò DOC, attacchi di panico e depressione che affrontai con la cura farmacologica. Poco dopo, da un anno circa ho iniziato anche un percorso di psicoterapia che tarda a dare i suoi frutti e che fino adesso si concentrata quasi esclusivamente nell’elaborazione dei traumi subiti. Per farla breve, attualmente ho quasi sempre questa sensazione di annullamento esistenziale che a volte raggiunge una forma di dissociazione e depersonalizzazione. Sono sempre alla ricerca del senso profondo dell’esistenza in senso assolutistico o di un fenomeno che mi permetta di riallacciarmi all’IO. A volte mi sento come se vivessi in uno sogno e tutto questo sia solo una visione irreale. Inutle dirlo che questo mi causa notevole malessere e sofferenza. Tuttora, penso di avere qualcosa che non va e che potrebbe portarmi a perdere del tutto la ragione e finire per suicidarmi o fare male a mie cari. Gentilmente mi interessa il suo parere riguarda questa condizione. Inoltre, sempre secondo il suo parere, quanto deve durare il percorso attuale di psicoterapia prima di poter dire che bisogna cambiare approccio? Quali altri approcci potrei tentare?
La ringrazio infinitamente.
Salve, la diagnosi effettuata dal collega mi sembra adeguata, e i fenomeni di depersonalizzazione e derealizzazione accompagnano spesso quadri psichici di questo tipo. Dalla sua lettera traspare intelligenza , insight e buona capacità di esprimere le sue sofferenze con un linguaggio pienamente aderente ai contenuti psichici . Per quanto riguarda il percorso psicoterapeutico, non è tanto importante il tipo di approccio, anche se la terapia psicoanalitica le permette di scendere più profondamente nei recessi della psiche, quanto il rapporto di empatia e fiducia, o meno, che si instaura con il terapeuta. Data la sua situazione, un anno di cura, per la elaborazione di traumi e problematiche così profonde, non può essere considerato un periodo sufficiente, mantenendo, naturalmente, un contatto almeno settimanale, meglio se bisettimanale. Anche la ipnosi meditativa e regressiva può integrarsi utilmente nel lavoro che sta facendo. La saluto cordialmente