Gentile dottore, ho quasi 28 anni e da poco più di due mesi ho iniziato ad avere seri problemi nella deglutizione. Il cibo resta come bloccato in bocca ed è la spinta consapevole per buttarlo giù il vero problema che riscontro. Ho notato che il sintomo tende a peggiorare notevolmente quando sono in presenza di altre persone a tavola, che siano parenti o amici. La paura che altri potessero notare questa cosa e l’assurda idea che se cenassi fuori tutti mi noterebbero, mi ha fatto passare negli ultimi tempi ogni voglia di vedere gente per mangiare fuori assieme compromettendo così non poco la mia vita sociale. Credendo, o forse sperando, che il disturbo fosse di natura puramente medica nel senso più comune del termine, ho effettuato un’accurata visita presso un otorino laringoiatra che ha riscontrato una leggera esofagite da reflusso prescrivendomi dei farmaci ed anche del glicerovalerovit per placare l’ansia che ormai associo al cibo non appena siedo a tavola. Ho seguito la cura per qualche giorno (salvo il glicerovalerovit che non ho preso) ma poi l’ho interrotta perché afflitta non solo dal non notare miglioramenti nella mia disfagia ma notando addirittura dei peggioramenti. Le sottolineo inoltre che già da 4 anni soffro di extrasistoli che, dopo diversi controlli, sono state ritenute benigne. Sono sempre più propensa a credere che sia un disturbo psichico poiché l’essere sola mi permette nella maggior parte dei casi di cibarbi in modo migliore. Quello che mi stupisce è la tempistica di questo disturbo. Un anno fa, infatti, mio padre è morto di infarto a soli 4 giorni dal mio matrimonio e la disfagia si è presentata solo ora, un anno dopo. Le chiedo quindi se possa essere opportuno iniziare un percorso psicoterapeutico, magari con ipnosi, per sconfiggere questo problema che mi sta letteralmente rovinando la vita. Grazie sin d’ora per la sua cortese attenzione