Alcuni mesi fa ho deciso di entrare in analisi perchè sentivo che la mia vita era come impoverita, senza sentimenti importanti, nè emozioni.Non avevo veri e propri sintomi ma mi sentivo come bloccato. Solo la vita lavorativa riusciva a darmi soddisfazioni, ma per il resto mi sentivo come se fossi stato anestetizzato. Ora dopo 6-7 mesi di lavoro psicoanalitico mi è comparsa una ansia nel quotidiano che non mi dà tregua. Ne ho parlato con lo psicoanalista il quale mi ha rassicurato dicendomi che è un passaggio importante e come obbligato.mi sono venuti però dei dubbi su quanto sta avvenendo e vorrei un suo parere a riguardo, la ringrazio.A.M.
Rispondere a questa lettera non è facile perchè i riferimenti da lei forniti non sono molti,per cui mi limiterò a considerazione di ordine generale.E´ possibile che il suo problema originario consistesse in una anedonia derivante da difese caratteriali rigide.Tali tratti di carattere appartengono al tipo reattivo, limitano dunque la flessibilità della persona rendendola cioè incapace sia di piena soddisfazione, sia di sublimazione. E´ importante che in analisi, prima di tutto,la personalità venga liberata dalla rigidità di questi atteggiamenti, perchè le energie patogene sono da loro imbrigliate.Quando l´analisi riesce a rimobilitare antichi conflitti, gli istinti infantili non si manifesteranno immediatamente, invece il soggetto sviluppa un angoscia più o meno acuta oppure disturbi di tipo psicosomatico funzionale e soltanto l´analisi di questa angoscia porta alla luce gli impulsi istintivi. Quindi, se la sua situazione è quella che io immagino, questosignifica che la sua analisi si sta sviluppando favorevolmente.Resta inteso che sarà importante che lei parli delle sue problematiche con lo psicoanalistaallo scopo di poterle elaborare nel rapporto trasferenziale.