Caro dottore,sono molto preoccupata per il nostro unico figlio che ormai ha 23 anni .Ha avuto fin da quando era adolescente sbalzi di umore che credevo si risolvessero con il tempo. Invece la situazione è progressivamente peggiorata e gli stati di depressione ed euforia sono diventati sempre più intensi fino a che uno psichiatra mi ha parlato di disturbo bipolare, può essere utile la psicoanalisi?
Il disturbo bipolare si presenta con caratteristiche variabili nel senso che il numero di episodi varia da un soggetto all’altro, vi sono cioè forme con intervalli maggiori o minori tra una crisi e l’altra, ma è raro l’alternarsi regolare di eccitamento e crisi depressiva, mentre sono più frequenti le evoluzioni irregolari con il prevalere di un tipo di crisi. La durata degli episodi è variabile, la maggioranza delle crisi ha durata inferiore a 3 mesi, (dai 5 ai 6 mesi quando non vi è terapia).La ciclotimia e i cambiamenti di umore rappresentano stati di transizione tra la malattia maniaco- depressiva e la normalità e questo è segnalato da chi ritiene che una parte importante del disturbo possa essere di origine ambientale. Già precedentemente abbiamo avuto occasione di parlare di depressione e della sua sintomatologia ove si ha un io interamente debilitato e un super io(la censura morale, il genitore introiettato) onnipotente. Nella mania si ha la liberazione fantasmatica dal superio dispotico del momento depressivo e da questo deriva il suo carattere trionfante.Si ha un immenso aumento della autostima, con una riattivazione della primaria onnipotenza narcisistica e un senso di vita incredibilmente intensificato,con dominio del principio del piacere,.anche se con una diminuzione del livello di coscienza, fino al collasso dell’organizzazione dell’io. I soggetti sono affamati di oggetti, non tanto perché abbiano bisogno di essere sostenuti, ma per esprimere le loro potenzialità e per canalizzare i loro impulsi, non più inibiti, che cercano uno scarico.Tuttavia si liberano anche molto rapidamente dagli oggetti e li abbandonano senza alcun rimorso. E’ possibile equiparare la mania ,come stato mentale, al momento sociale della “festa” cioè una occasione in cui è lecito non ubbidire alle proibizioni del super io. Ogni società che crea una insoddisfazione cronica dei suoi membri necessita di momenti istituzionalizzati in cui le ribellioni possono esprimersi sotto la garanzia di un particolare cerimoniale. Una volta all’anno, in specifiche condizioni e in modo tradizionale, gli impulsi possono scaricarsi creando piacere. Freud affermò che la periodicità della ciclotimia e delle feste può, in ultima analisi, basarsi su una necessità biologica Ogni differenziazione dell’apparato psichico può aver bisogno ,ogni tanto,di una temporanea abolizione: nel sonno l’io è sommerso dall’es (il serbatoio dei desideri), nelle feste e nella mania ci può essere fusione di io e superio. Sembra inoltre possibile ipotizzare che la periodicità del disturbo bipolare sia modellato sull’alternanza del ricordo dei momenti in cui nel neonato si alternavano fame e sazietà. Ogni ulteriore alternanza di piacere e dolore segue il modello di quel ricordo, per cui nella depressione- fame il bambino non si sente amato dalla madre (che, una volta introiettata diviene il superio) , nella mania -sazietà si ha la pienezza simbiotica con la madre da cui il bambino stesso percepisce un amore totalizzante con unione fusionale tra io e superio. Ricordiamo infine che nel caso della mania è più proprio parlare di disforia che di euforia, perché le paure del paziente verso le istanze censorie depressive non sono mai superate, ma solo tenute a bada tramite formazioni reattive. Per rispondere alla sua domanda, infine, anche se il disturbo bipolare è considerato forse il più endogeno e biologico di tutta la psicopatologia,la psicoanalisi può essere proposta. Le dirò che esistono tre tipi di difficoltà che l’analisi deve superare, la fissazione orale dei pazienti, la natura narcisistica del soggetto, con conseguente scarsa possibilità di un transfert efficace e, infine, la più complessa,la inaccessibilità del paziente alla terapia . Infatti, durante le crisi, l’io del paziente è inesistente e solo gli intervalli liberi sono utilizzabili,in quanto solo in quel momento egli può avere un contatto con l’oggetto. Anche in questi intervalli liberi rimangono tuttavia come ostacoli l’ambivalenza e l’orientamento orale e narcisistico. Abraham, in base ad una ricca esperienza clinica,riferisce che l’analisi iniziata durante il periodo libero, tende a prolungare la durata dell’intervallo. Finirò, dicendole che,ovviamente, solo il contatto diretto con lo specialista, o gli specialisti, potrà permettere di scegliere la via da seguire, anche a livello farmacologico.