Gentile dottore, sono un uomo di 44 anni con una situazione lavorativa e familiare che definirei soddisfacente, due figli già abbastanza grandi e un rapporto fondamentalmente buono con mia moglie. Recentemente è scomparso mio padre, uomo verso cui avevo una ammirazione sconfinata. Era una persona molto esuberante ed estroversa, con numerosi contatti e relazioni, pieno di interessi , disinibito e, francamente, anche un rubacuori disinvolto. Invece il mio carattere è più vicino a quello di mia madre, introverso, un po’ riservato e socialmente abbastanza schivo. Anzi dovrei dire “era”, poiché sento, da qualche tempo, di essere come cambiato. Ho voglia di buttarmi alle spalle le remore e gli scrupoli che hanno caratterizzato un po’ il mio vivere, di stare più in mezzo alla gente, di aprirmi insomma. Mi sono anche sorpreso, cosa per me inusitata, a guardare le altre donne in un modo “diverso”. A mia moglie non è sfuggito questo cambiamento e, l’altro giorno mi ha detto che stavo assomigliando ogni giorno di più a mio padre. Questa cosa mi ha fatto riflettere, francamente sono rimasto abbastanza sorpreso da questo collegamento. Anche se siamo i peggiori giudici di noi stessi, ho notato effettivamente in me una insolita verve in compagnia, alle cene con gli amici, una certa mancanza di pudore nel parlare del mio privato e anche un gusto particolare nel corteggiare le donne, in modo abbastanza esplicito. Mi chiedo, però, se sia plausibile pensare ad una relazione con la scomparsa di mio padre. Forse si tratta invece del classico problema dell’ uomo maturo che sente che la giovinezza se ne sta andando e vuol dimostrare di essere ancora attraente. Devo riconoscere che, in questo momento, ho effettivamente delle perplessità riguardanti la mia persona, cioè quale sia il mio vero carattere. Inoltre ho notato che è scomparsa la pacatezza che mi caratterizzava; ora sono, in continuazione, alla ricerca di qualcosa. Sento spesso un senso di insoddisfazione o di inappagamento, cosa per me inusitata. Ho rilevato anche, come, attualmente, tenga ai riconoscimenti degli altri e come mi sforzi di apparire simpatico e di essere popolare. Vorrei sapere cosa lei ne pensa e se è possibile cercare di comprendere cosa ci sia sotto.Distinti saluti. A.F.
Questa è una situazione particolarmente interessante poiché la persona che mi scrive non è affetta da urgenza sintomatologica, ma sperimenta, al suo interno, uno smarrimento del sé, in quanto non è in grado di riconoscersi in una continuità concernente la propria identità. Si può ipotizzare, nei confronti del padre deceduto, una assunzione introiettiva entro la propria psiche di certe sue caratteristiche, con quel meccanismo che Freud definisce “identificazione con l’oggetto perduto”, che ha lo scopo onnipotente,in fantasia, di far continuare a vivere lo scomparso, diventando come lui, cioè assumendone in parte maggiore o minore alcune sue prerogative o peculiarità. Mi è capitato il caso di una signora che cominciò a soffrire di psoriasi dopo la morte del padre, e proprio di questa patologia dermatologica soffriva il genitore venuto a mancare. Spesso, alla base di queste identificazioni, si disvelano sentimenti ambivalenti e conseguenti sensi di colpa nei confronti della persona scomparsa,i quali spingono il soggetto,tramite questa fantasia mimetica onnipotente, a farla rivivere cancellandone la perdita. Ovviamente, non conoscendola, la consideri solo una ipotesi verosimile. Possono anche agire meccanismi diversi come una accentuazione di angosce relative al fatto che i figli sono ormai grandi e quindi è venuta meno la loro funzione vitalizzante:si stanno così esaurendo le loro necessità e le loro richieste più urgenti, togliendole perciò la sensazione di essere indispensabile. Non bisogna dimenticare che questa è un età delicata, in cui si percepisce che le grandi scelte sono state ormai fatte, che la giovinezza è alle spalle. Compaiono forme di insicurezza che possono innescare bisogni e desideri di mettersi in mostra,di rompere certe forme di isolamento, di attuare modalità di seduzione verso le persone dell’altro sesso. Vogliamo dimostrare a noi stessi e agli altri di essere ancora in grado di piacere, di essere attraenti, di contare, di esistere. Data la situazione, in questo caso, se la persona è disponibile, può essere opportuno, data l’assenza sintomatologica, un lavoro puramente psicanalitico allo scopo di approfondire le tematiche recondite che sono alla base del problema.