salve dottor Miscia, ormai dopo 4 anni di psicoterapiapsicoanalitica capisco meglio le mie inadeguatezze ed imiei deficit, tuttavia lo psicoterapeuta evita in tuttii modi di rilasciarmi un’etichetta con un nome abbastanza stigmatizzante, ho speso oltre 30.000 eurox le mie cure ritrovandomi in mano una diagnosi che parla di disturbo della personalità con caratteristichedepressive e ossessive con impoverimento affettivo e ripiegamento su se stesso( immagino x non usare il termine autismo) la cosa che mi stupisce del terapeuta è che lui mi ha detto che x me l’esistenza stessa dell’oggetto è un problema! tanti discorsi che rimandano la mia patologia all’area schizofrenica manessuno ha il coraggio di dirmelo! ho speso un patrimonio e capisco che l’obiettivo sarebbe quellodi un’evoluzione e non un’etichetta ma forse a voltequando ci sono dei limiti invalicabili sarebbe meglioavvertire il paziente dell’entità del problema e con esso i miglioramenti che sono possibili anche perchè da paziente non mi sento che mi venga riconosciuta la mia sofferenza in questo modo! volevo sapere cosa ne pensa se è possibile, la saluto!
Salve, l’uso della etichetta , in psichiatria ha un valore limitato, e si verifica che, molto spesso, le diagnosi sono diverse e relative allo psichiatra che le effettua Particolarmente scarso è il loro contributo all’inizio di una psicoterapia perchè quadri apparentemente assimilabili hanno una evoluzione moto diversa che non è facilmente prevedibile, perciò lo specialista stesso, non potendo effettuare una previsione del decorso giustamente e saggiamente se ne astiene.Il divenire del quadro stesso è fortemente e decisamente influenzato, poi, dai due attori della scena analitica, paziente e analista, cioè dal loro transfert e controtransfert che caratterizza l’unicità di un rapporto terapeutico e anche il suo destino. Ricambio i saluti. Antonio