Sono molto depressa da qualche mese .E’successo un fatto che per alcuni potrebbe sembrare banale ma che mi ha gettato nello sconforto. La mia migliore amica mi ha tradito in un modo ignobile, non mi sento di dirle il come e il perchè. Mi sembrava di condividere tutto con lei,avevamo gli stessi gusti, modi di pensare, inclinazioni, tutto quello che le viene in mente. Ma l’amicizia esiste davvero come sentimento?
Prima di dirle cosa penso a riguardo, sarebbe importante comprendere le motivazioni profonde con cui lei sta vivendo la dinamica abbandonica che ,secondo me, sono ricollegate a problematiche arcaiche che solo un lavoro psicoanalitico potrebbe mettere in luce e consentirle, con il tempo, una profonda elaborazione. L’amicizia è un sentimento che si trova ampiamente trattato,descritto e vissuto in ambito letterario ma soltanto sfiorato dalla epistemologia psicanalitica inizialmente, in quanto S. Freud era impegnato, agli inizi del suo studio archeologico sul funzionamento dello psichismo umano,a valutare i processi mentali in termini che fossero il più possibile quantitativamente misurabili, che fossero cioè connotabili neurolologicamente e in termini topici oltre che animati dinamicamente, sull´ onda del posivitismo e del causalismo di quel momento storico. Egli, quindi, si occupò, soprattutto inizialmente, della componente pulsionale in quanto rispondeva meglio alle sue esigenze di dare una veste scientifica alla psicanalisi e fece derivare l´amicizia dalla sublimazione dell´eros. E´ un moto affettivo complesso a cui ognuno di noi conferisce un valore semantico particolare: pare tuttavia evidente che, perchè nasca e si sviluppi, occorra una identificazione che non sia solo situazionale, relativa cioè a momenti o ad episodi della nostra vita,ma salda e temprata anche da difficoltà e momenti critici. Diffidiamo dal chiamare amicizia quel sentimento che ci porta a recare soccorso all´altro solo nel momento della necessità, perchè è troppo evidente in noi la esigenza di creare nel prossimo un debitore e in noi stessi un ego gratificato di narcisismo e con aspettative di riconoscenza; ed altrettanto è lecito dubitarne in presenza di rapporti in cui ,anche lontanamente, è prospettabile una qualche forma di utilità o convenienza. Forse è invece identificabile nello stato d´animo che ci porta a gioire di un piacere, di un successo o di una fortuna di un nostro simile essendo scevri da moti di gelosia o invidia.Possiamo notare come, quando sono presenti questi requisiti fondanti, siano possibili anche separazioni prolungate, dato che,dentro di noi, il distacco non è percepito come tale in virtù della continuità dell´ affetto :il momento di riavvicinamento non ci scopre affannati a scusarci per il tempo o le motivazioni a cui é stato ascrivibile l´evento, ma il discorso riprende come se non si fosse mai interrotto. E´ verosimile pensare che, alla base di questo sentimento, possa essere radicata una istintualità che, tuttavia ,date le sue caratteristiche di sublimazione, viene sottratta al gioco di investimenti e disinvestimenti oggettuali caratteristici della pulsione, ai tumulti, rabbie, gelosie, idealizzazioni e disincanti e a tutte le altre sensazioni decisamente ambivalenti proprie della passione vissuta in forma diretta : non è, cioè ,un incendio che ci fa fremere, rischiando però di bruciarci, ma un calore costante che fornisce un piacere più tenue, intessuto però di una confortevole valenza rassicurativa. Sì, l´amico è colui che, nei momenti di angoscia, è anche capace, attraverso uno sguardo o una parola, di sdrammatizzare, di sorridere bonariamente su ciò che gli viene da noi proposto come urgente e bisognoso di soccorso; non è mai quello che,di fronte a un nostro problema, lo amplifica, colpevolizzandoci o esercitando una funzione critica , ma il soggetto che, come una buona madre, è in grado di farcelo metabolizzare, allargando entro di noi certi spazi mentali che, nei momenti critici, possono essere davvero angusti. E´,inoltre, in grado, in virtù del legame che lo lega a noi, di non sovrapporre mai gli eventuali suoi stati di animo spiacevoli,depressioni o angosce che siano, alle nostre nel momento che abbiamo bisogno di lui e lo cerchiamo: sente di doverle posporre, in modo tale da porsi nei nostri confronti come sostegno o punto di riferimento. Rifugge dalla tentazione di collocarsi su un piedistallo, evitando, come dicevamo, posizioni censorie, facendosi guidare dalla comprensione empatica attraverso un ascolto benevolo. Per svolgere questa importante e complessa funzione ha bisogno di scindersi in una parte che si identifica nelle nostre difficoltà permettendo a noi di sentirlo vicino e partecipe, e in una parte che rimane distaccata, consentendogli di traghettarci verso una visione più ampia e oggettiva della problematica che , in quel momento, permea il nostro essere. Questa identificazione, dicevamo, permette all´amico, di condividere i nostri piaceri e le nostre fortune e questo è più raro di quanto si pensi,in quanto,in tali momenti, è spesso l´invidia a farla da padrona anche in rapporti che sembrerebbero essere scevri da qualsiasi ombra. Dobbiamo notare, inoltre, come l´ amicizia sia un sentimento che non necessariamente è fondato su una ideologia comune o su una anagrafe assimilabile, può anche strutturarsi in presenza di modalità di pensiero o ideologiche anche abbastanza disomogenee, mentre è forte l´esigenza condivisa di dare un senso comune all´ esistenza alleggerendone la gravità e sottolineandone insieme le piacevolezze. Per quanto concerne, invece, la creazione del gruppo di amici,credo che il collante, in questo caso, vada al di là delle affinità intrapsichiche tra i singoli componenti e che invece sia nuclearmente rappresentato da un ideale comune: l´obiettivo condiviso permette una identificazione reciproca tra i vari componenti smorzando o riducendo fortemente tendenze competitive, posizioni di contrasto, dissapori o dissidii che non siano episodici e facilmente superabili.