Sto attraversando un brutto momento,non me lo sono mai detto così chiaramente, ma ora che lo scrivo, lo percepisco nella sua interezza. Fino a qualche mese fa ero direttore di una nota banca fiorentina . Soprattutto negli ultimi tempi,mi sentivo veramente stressato, il lavoro era diventato impossibile, tensioni tra colleghi, viaggi continui, incomprensioni etc. I figli, già grandi, ormai erano sistemati,(e poi la nostra è sempre stata una famiglia agiata), mi sono chiesto , essendo vicino ai 60 anni, chi me lo faceva fare di continuare così e, avendo maturato l’anzianità, la pensione mi è parsa la scelta più ovvia. All’inizio mi sembrava di essere rinato, di colpo una tranquillità sconosciuta, ero come sotto shock. Poi piano piano, alzandomi la mattina, ho cominciato a sentire un senso di vuoto che si è fatto via via più opprimente, giorno dopo giorno, come una percezione di inutilità. Tutto quel know how del mio lavoro accumulato con gli anni diventato ormai inutile, sono scivolato senza accorgermene in quella che chiamerei depressione, non so se è giusto chiamarla così. La mattina mi fa fatica alzarmi e anche le operazioni di toilette quotidiana sono penose, rimango in tuta anche quando esco di giorno con mia moglie e mi capita di vestirmi come prima solo quando si va fuori la sera, con amici , ad un cinema o ad un teatro, a mangiare una pizza, cosa che avviene però raramente. Loro li vedo allegri, chi lavora ancora, chi è in pensione come me ma che evidentemente la vive in modo completamente diverso. Ora mi sento addosso tutto il peso degli anni,io che credevo di essere un ragazzino, ma mi chiedo come è possibile che mi sentissi vivo quando mi maceravo per le tensioni e la pensione mi sembrava un’oasi di pace? Che devo fare ora, mi sembra di essere su una china pericolosa, comincio anche a dormire male la notte e a fare sogni agitati :Mia moglie cerca di aiutarmi, poverina, ma anche lei ha i suoi problemi fisici, la menopausa etc. Cosa pensa, dottore, possono essermi utili i farmaci o dovrei capirci qualcosa di più? Saluti. B.G.
Il problema esposto sembra illustrare quella che viene definita depressione reattiva cioè un quadro luttuoso scatenato da un evento di tipo abbandonico, che ha alla sua base un vissuto di perdita, di distacco da un oggetto nei confronti del quale era presente un attaccamento, spesso contrassegnato da ambivalenza. Così si può spiegare come lei non potesse immaginarsi che la cessazione di un lavoro fonte di disagi e conflitti fosse in grado di essere alla base della reazione depressiva. Il discorso, a livello psicologico è invece ben inquadrabile, nel senso che la sua attività era innanzi tutto una fonte di gratificazione narcisistica importante (il ruolo, il potere, l’esercizio di una capacità conoscitiva, una fonte importante di responsabilità), in secondo luogo proprio le tensioni che lo contrassegnavano e di cui lei si lamentava potevano essere in grado di favorire la possibilità di collocare l’aggressività all’esterno di sé. Questa stessa pulsione ora, non avendo più la possibilità di essere estroflessa e rivolgendosi perciò contro il sé, causa un meccanismo implosivo che è alla base del quadro depressivo. Per darmi la possibilità di entrare maggiormente nei dettagli avrei avuto la necessità di conoscere meglio la sua vita pregressa,in modo da verificare se certi vissuti fossero già stati presenti in certi momenti della sua esistenza.A questo punto una presa di coscienza di quanto sta succedendo dentro di lei a livello profondo, preferibilmente psicoanalitico, può esserle utile, secondo modalità che solo un contatto diretto potrà stabilire.