Gentile dottore, purtroppo fino ad un mese fa ero contento di quello che la vita mi aveva concesso, amavo i piccoli piaceri quotidiani, la famiglia, il mio tempo libero,gli amici, l’attività fisica, le giornate di primavera e tutto ciò che può venirle in mente di piacevole. Da qualche tempo però sentivo qualcosa di strano, provavo una specie di fatica, di fiacca, specie al mattino ma, io che sono uno che il male non lo ha mai curato, lo attribuivo a cause generiche, fin quando un brutto giorno ho avvertito qualcosa di strano nella mia mano destra, una sensazione che se ne andasse per conto suo e anche dei formicolii strani al braccio che non mi passavano. Il mio amico medico non ha pronunciato le parole che volevo sentire, ma mi ha consigliato di farmi vedere e la sua voce non tradiva niente di buono. Al Pronto Soccorso, mi hanno detto che erano necessari accertamenti e mi hanno ricoverato. Svariati esami, TAC, RMN, nessuno mi diceva nulla.” “Voglio sapere quello che ho” ho chiesto ai medici dopo qualche giorno che mi rivoltavano come un calzino. Erano in due al mio letto, piuttosto giovani,sui loro volti si leggeva un misto di imbarazzo e rassegnazione.” “Purtroppo c’è” ed era chiaro cosa intendevano. Sono rimasto come pietrificato ma mi sembrava come se quella situazione l’avessi già vissuta, in sogno non so o in fantasia, non era una cosa completamente nuova.In quegli attimi la vita ti scorre davanti come un film. E poi 56 anni non sono molti, vero, e “ora chi si occuperà dei miei figli?”dicevo tra me e me, io sono sempre stato un punto di riferimento per loro, anche se poi razionalmente dovevo ammettere che erano grandi e assolutamente in grado di badare a se stessi (ma ci sembrano lo stesso bambini, vero?) Ma sì, mia moglie se la sarebbe cavata, era una donna indipendente, ancora giovane, dinamica. Quando in passato ho pensato ad un momento del genere mi dicevo che avrei reagito facendo in un anno quello che non mi ero mai concesso, in altri momenti pensavo invece che mi sarei fatto fuori o avrei voluto mi praticassero l’eutanasia. Poi, quando ci sei dentro, ti ci aggrappi alla vita, anche se soffri come una bestia, speri, anche se in certi momenti tutto ti crolla addosso, e pensi solo a come uscirne, a guarire a ritornare come prima.”Ci vorrà chemio e radioterapia” mi hanno detto e, da quello, ho capito che era ormai inutile operare. Ti attacchi a quelle parole chemio e radioterapia, diventa quello il tuo mondo, un mese prima pensavo al mio lavoro, a nuove iniziative.Sono rimasto per qualche giorno in uno stato di trance.I miei cari ovviamente erano stati subito informati dai sanitari. Non avevo mai voluto suscitare pena, commiserazione o creare tristezza e ora mi trovavo nella impossibilità di evitarlo. Sentivo all’inizio in me una grande forza fisica o psichica non so, ma mi chiedevo fino a quando sarebbe durata. Dopo una ventina di giorni, infatti, progressivamente, sono scivolato nella depressione, non puoi più fare progetti, è quello che ti frega, ma anche l’idea di avere dentro un mostro che ti divora poco a poco.I curanti mi hanno dato gli antidepressivi, che mi hanno fatto stare un po’ meglio, ma dopo la chemio mi sentivo da cani e mi prendeva uno sconforto da suicidio. Mi sembrava in certi momenti che fosse tutto inutile, per me vivere significava essere vivo, attivo e ora trovarmi in un fondo di letto,lei mi capisce.Mi sono d’aiuto i testi di filosofia e la vicinanza dei miei cari, di fronte ai quali cerco di farmi vedere forte e sorridente, anche quando dentro mi brucia l’inferno. In certi momenti mi sento anche abbastanza bene e come mi ci aggrappo a quegli attimi e allora ricomincio a sperare . Mi scusi se la ho tediata ma penso che mi capisca, fra poco mi dimetteranno e ho letto che lei pratica il trattamento ipnotico, potrebbe essermi utile per trovare un po’ di pace o per accompagnarmi dolcemente verso la fine?
La sua lettera è capace di toccare le corde più profonde dell’animo e mi sembra che ciò che cercherò di dirle sia una piccola cosa rispetto ai sentimenti che ha evocato in me e in tutti coloro che avranno la fortuna di leggere quanto lei ha scritto e che avrannol´animo di non tirarsi indietro di fronte alla commozione che può suscitare. Lei è sempre stato un uomo amante della vita e questa malattia sembra così ingiusta, così estranea alla sua persona che si rimane quasi increduli a come il suo corpo abbia potuto farla nascere e darle ospitalità e nutrimento. Inoltre lei sembra anche dotato di un grande spirito filosofico dell’essere nel mondo il quale sembra poter essere solo momentaneamente scalfito e appannato dai morsi del dolore e della chemioterapia.Il suo caso inoltre sembra andare contro a quelle teorie psicosomatiche estese che vedono alla base di ogni malattia fisica un disagio psichico, mentre è opportuno secondo me delimitare il campo psicosomatico ad entità nosologiche ben precise. La impostazione per cui ogni malattia nasce dalla mente è al servizio di meccanismi di difesa che ci suggeriscono che, se stiamo bene psichicamente, allora non ci ammaleremo mai, il che scaturisce dalla necessità ,che la mente ha, di poter controllare il corpo in modo onnipotente. Io credo che, qualunque sia il momento in cui ci congediamo da questa terra , abbiamo sempre la sensazione di qualcosa di incompiuto, che avremmo voluto fare e che il tempo non ci ha permesso di portare a termine.I suoi figli hanno ormai stabilmente introiettato una figura paterna valida, anche se è profondamente vero che per noi, anche da adulti, rimangono i cuccioli che devono essere diretti e guidati nel mondo. La morte fa parte dell’esistenza, anche se, per vivere, abbiamo la necessità di rimuoverla continuamente, dobbiamo morire per dare spazio ad altri esseri umani, anche se la nostra individualità si ribella profondamente a questa legge inesorabile della natura e cerca di prolungare in ogni modo la sua permanenza su questa terra. Lei non parla di fede nella sua lettera, quindi mi sembra che abbia una impostazione laica dell’esistere che non sottrae assolutamente spirito etico al suo percorso, come ci insegnano gli antichi greci con il loro concetto di “aretè” che è la “virtus” latina, cioè una vita vigorosa, condotta con saggezza e piena di soddisfazione con coscienza e consapevolezza dei propri limiti. Il trattamento ipnotico può esserle di grande aiuto, sia nei momenti di sconforto, sia per antagonizzare i sintomi debilitanti della chemioterapia e le servirà per trovare quel distacco e perseguire quella pace interiore che possa esserle utile per proseguire in quel cammino che le auguro, francamente, depurato, per quanto è possibile, di angoscia e sofferenza.