gentile dott., ho 38 anni, ho svolto 4 anni e mezzo di psicoterapia a sfondo analitico per un disturbo ossessivo consistente nell’immaginazione mentale della mia immagine da morto dentro una bara, con corollario di disperazione dei miei cari. una immgine forte,fastidiosa che ha preso piede ai 14 anni per poi riproporsi ai 22 ed infine ai 27, quando iniziai la cura(senza farmaci).l’analisi è stata valida nel ricostuirne l’origine di tale immagine ossessiva, mediante sogni e libere associazioni(insicurezza,iperprotezione familiare,essendo figlio unico,paura di non essere in grado di affrontare le difficolta della vita, voglia di voler tenere tutto sotto controllo, le spiegazioni addotte.Si può dire che paradossalmente indichi più una paura della vita che della morte). da sempre ho attuato come difesa la sostituzione della mia immagine da morto con quella di altre persone per tamponare l’effetto devastante della ossessione. il mio psicoterapeuta ritiene che io possa mantenere in atto questa difesa compulsiva, a condizione che essa stessa non diventi persecutoria e non la consideri staccata dal mio vissuto interiore. debbo dire che ancora oggi, tale difesa sortisce effetti di relativo beneficio come risposta all’ossessione. per me privarmene è come togliermi l’ossigeno, anche se forse non obbedisce ai criteri della psicoterapia, soprtattutto quella cognitivo comportamentale( che il mio psicoterapeuta ha ritenuto meno indicata di quella analitica).lei che ne pensa?P.S il mio psicoterapeuta non mi ha mai fatto una diagnosi finale,tanto meno di DOC ritenendo che non è un problema per il paziente