Soffro di un’angoscia continua quotidiana fino da quando mi sveglio, mi muovo con frenesia tutto il tempo e guardo la mia agenda ansioso di avere un minimo spazio vuoto durante la giornata. Il mio lavoro è in sintonia con il mio carattere, mai un momento di rilassamento o di pausa, ma io mi rendo conto che quello che è un incubo per i miei colleghi è per me un alimento necessario per il mio cervello che ha terrore delle pause. Come me ne sono accorto? Che quando scatta il tempo libero, fine settimana o periodo di ferie, io entro in crisi, mi prende una noia e una smania indicibile, divento litigioso con la famiglia e ho difficoltà anche a dormire la notte. Questa mia frenesia è diventata qualcosa di insopportabile le chiederei un aiuto per poter staccare, per godermi tranquillamente un libro su un divano, ammirare la natura se faccio una passeggiata in campagna o starmene sdraiato tranquillamente al sole se mi capita una giornata al mare. Ma il mio che tipo di problema è?
I latini lo definiscono Horror vacui che è una locuzione latina che significa letteralmente paura del vuoto, concetto conosciuto in psicologia come cenofobia, paura dello spazio vuoto. Può presentarsi anche come angoscia di spazi disadorni liberi da oggetti ( vedi le stanze adorne di soprammobili). Per estensione può presentarsi come paura del silenzio ma anche come ossessione per le idee nuove. Assume l’angoscia degli spazi aperti nel versante agorafobico.Queste fobie sono tutte collegate all’angoscia di morte che , a sua volta, origina nel momento in cui il bambino percepisce di essere separato dal mondo esterno dopo la fase simbiotico- fusionale in rapporto al seno quando Io e Io-Ideale coincidevano. Nei primi mesi di vita,cioè, durante il rapporto simbiotico con la madre il piccolo sperimenta una indifferenziazione tra il Sé e il mondo esterno e viene percepito quel “sentimento oceanico” di cui parla il poeta Romain Rolland.. Sono quelle sensazioni che hanno un ricollegamento mitologico nelle varie culture, per esempio nel Simposio di Platone , ove Zeus fa dell’uomo un lacerato sempre anelante a ricongiungersi con l’altro per vivere in esso la sua metà nascosta e divisa . Tutti noi, inconsciamente, aneliamo all’unità, aspiriamo a rivivere e a soddisfare quella che viene percepita come beatitudine e onnipotenza.del sé, quello stato di completezza, quel sentimento fusionale che ci accompagnerà,nostalgicamente, per tutta l’esistenza: vengono in mente situazioni di innamoramento o di passionalità, momenti di compenetrazione orgasmica o gli stati mentali di una madre connessi al momento procreativo. Tutti questi stati hanno la caratteristica di avere una durata più o meno breve anche se sono caratterizzati da una intensità psichica decisamente notevole, e li potremmo inquadrare come momenti di assaggio dell’immortalità. Il vuotò è invece mortalità e sensazione di essere soli ed è quello che lei sente nei momenti di pausa, che percepisce come passività pericolosa. Nel suo caso può essere importante affrontare un profondo lavoro psicoanalitico in modo da affrontare nel transfert con l’analista la fase simbiotico.fusionale materna e contemporaneamente, attraverso l’alleanza di lavoro,effettuare un valido esame introspettivo che ripristini la integrità di un Sé scevro dai fantasmi angosciosi di separazione. Anche l’ipnosi, ricreando lo stato di unità primordiale libero da fantasie di morte, può essere di grande aiuto. La saluto cordialmente.