Gentile dottore, sono sposata da poco più di un anno con un uomo di 47 anni. prima di decidere di sposarlo gli ho chiesto di fare una terapia di coppia da un sessuologo perchè lui soffriva e soffre di eiaculazione ritardata. Gode solo con la masturbazione e sono l’unica donna che abbia mai avuto. il primo rapporto lo ha avuto a 42 anni. E’ un manager affermato con responsabilità enormi. non ha mai avuto una donna. La terapia in parte ci ha aiutato, anche se il problema non è passato, ma non è per questo che le scrivo. Ho scoperto dopo il matrimonio che è porno dipendente on line. dopo molti sotterfugi ed omissioni ha finalmente ammesso di non poterne fare a meno, per lui è una valvola di sfogo dalla tensione lavorativa. solo che non eiaculando con me, lo fa spesso masturbandosi di nascosto. Ora la sua ammissione è seguita da un tentativo di coinvolgimento. Io non ho nulla contro la pornografia come gioco condiviso, ma ora non ritengo di dover avallare la sua dipendenza, non so cosa fare, mi ha chiesto aiuto. Mi sembra già di aver fatto molto e la mia vita sessuale non è gratificante tenendo conto che, quando c’è penetrazione, tende a perdere la sua erezione e questo, unito al resto, crea rabbia e mancanza di condivisione. Parlarne credo non sia sufficiente, ma andare ancora da un altro terapeuta non credo lo voglia fare. vorrei aiutarlo per aiutarci. ma non so come. Togliergli il pc? provare a essere sessualmente più coinvolgente, sexy? Lui viene da una famiglia estremamente cattolica e una madre castrante. Per fortuna viviamo a 300 km di distanza dalla sua città. E’ un uomo intelligente e il terapeuta che ci prese in cura disse che dentro di lui esistono due personalità che devono imparare a comunicare tra loro, il manager e il bambino che non ha vissuto la sua sessualità, solo che io mi sento caricata nuovamente di una responsabilità che mi pesa e non so gestire. Ho cambiato città e vita per amore, ma ora non riesco a trovare l’energia per risalire. Quale partenza per aiutarlo? mi scusi la lungaggine… cordialmente paola
Come ho scritto in risposta ad una lettera precedente il problema della porno(o cybersex) dipendenza non è solo quantitativo, legato cioè al numero di ore che si passa davanti al computer, ma qualitativo cioè espressione del disagio psicologico di cui la persona è portatrice. La ricerca di materiale porno o attività sessuali online esprime mette in dubbio la capacità dell’individuo di avere relazioni oggettuali mature. Il soggetto, cioè, sperimenta una onnipotenza facile, limitata all’erotismo senza implicazioni affettive, cioè di tipo narcisistico, a differenza delle relazioni reali che comportano un coinvolgimento emotivo a vari livelli. La conseguenza di ciò è che nessun rapporto reale può reggere il confronto, in quanto il rivale virtuale è, relativamente alle sue prerogative, inattaccabile. Molti uomini sono impotenti con una donna o con un determinato tipo di donna e non con altre: spesso tali soggetti tendono ad isolare la sessualità dal sentimento e sono paradossalmente impotenti solo con le donne che amano (collegate alla imago materna). Sono questi i casi in cui alcuni uomini, per poter aver un’erezione sono costretti ad introdurre il rituale di pagamento (spesso mascherato come un gioco) della prestazione: “Questa donna è una professionista a pagamento, dunque non vi è possibilità alcuna che sia mia madre!” Inoltre dobbiamo rilevare come sembra esistere in lui attualmente una scissione psichica tra una parte sociale molto ben adattata con componente relazionale formalmente tenuta adeguatamente sotto controllo e una parte ”perversa”che cerca di ottenere delle gratificazioni autoerotiche, conseguenza di un blocco o perlomeno di un forte ostacolo alla nuclearità profonda della relazione con leiE’ reperibile spesso , alla base del disturbo, nel soggetto, una valenza pulsionale aggressiva, a volte camuffata da un’ostentata passività di tipo coatto, il cui vero scopo inconscio è quello di profanare, ferire, ledere la donna (collegata alla imago materna).Si può affermare che l’ eziopatogenesi dinamica abbia origine nel momento predipico del rapporto bocca- capezzolo in cui, nel neonato, possa aver luogo una proiezione aggressiva sul seno materno come ritorsione di un rifiuto inconscio di allattamento da parte della nutrice. In chiave edipica si ha una prosecuzione fantasmatica a livello simbolico per cui il capezzolo diventa l’equivalente del pene e la bocca della vagina. L’impotenza sarebbe perciò un rifiuto di allattare la donna-madre come risposta al rifiuto percepito dal bambino da parte della madre di dare del buon latte. A livello edipico l’imago materna viene trasferita sul padre e, nel maschio si sviluppa l’angoscia del complesso di castrazione edipico, percepito come minaccia da parte del padre per i desideri nei confronti della madre Fatte queste considerazioni, affinché suo marito si renda conto del problema è necessaria una “crisi psicologica” cioè che le parti di lui che sono scisse comincino a dialogare tra di loro, venendosi così a creare un disturbo “ nevrotico”. Solo a quel punto, se egli mostrerà disponibilità, si potrà trattare la parte “malata” che è ora incapsulata dal meccanismo dissociativo. Invece, per quanto riguarda lei, non posso darle consigli su ciò che deve fare o meno perchè non sarebbero di alcuna utilità. La saluto cordialmente