Sono uno studente universitario e da qualche tempo sono in lotta contro quello che uno specialista ha definito come stato depressivo. Mi ero buttato negli studi con tutta l’energia che avevo, ma ora sento di aver difficoltà anche a concentrarmi. Sto a letto anche a mattinate intere a guardare il soffitto e a rimuginare. Penso di non aver mai avuto una stabilità emotiva,mi sembra che i miei stati d’animo siano sempre stati troppo dipendenti da ciò che di buono o di meno buono mi capitava. Il periodo buio dura da qualche mese,dopo che è finita una storia con una ragazza a cui tenevo molto e un esame andato come peggio non poteva. Mi chiedo se potrò mai arrivare ad avere un carattere più stabile, voglio dire meno fluttuante. Ora lo specialista mi ha dato dei farmaci ma lei capisce che a 25 anni non mi sembra la soluzione ottimale, vorrei che mi aiutasse a fare chiarezza, la saluto anticipatamente. E. M.
Gli stati depressivi , di natura più o meno grave, interessano persone la cui autostima è regolata da appoggi esterni, i quali, se non forniscono la gratificazione richiesta,tendono a farla diminuire in modo pericoloso. Il soggetto percepisce questa sua fragilità e cerca di ingraziarsi gli altri, magari sottomettendosi reagendo, però,alle disillusioni con violenza se questi tentativi non hanno esito. Spesso è presente,a livello psichico, una fissazione libidica a livello orale che porta l´individuo al bisogno di essere amato più che che di amare attivamente, con una tendenza a cambiare spesso gli oggetti perché, dopo un breve periodo, essi non sono più in grado di soddisfare gli intensi bisogni narcisistici. Infatti la personalità dell’oggetto non ha molta importanza,conta solo l’appoggio che può fornire, anche se, a volte, tale appoggio è temuto perché viene percepita dal soggetto la sua importanza per il benessere psichico. La matrice della depressione è da ricondursi, in genere, al vissuto del rapporto con la figura materna, in cui la genitrice non si è presentata come figura sufficientemente buona da accogliere e metabolizzare l’aggressività del bambino. Di conseguenza la pulsione, non potendo essere collocata all’esterno,cioè sulla madre che, per sue caratteristiche personologiche, non lo consente,viene da lei stessa colpevolizzata e ridiretta all’interno del sé del piccolo, esprimendosi, di conseguenza come auto-aggressività. Ecco come la mancanza di un oggetto buono stabilmente introiettato può spiegare la necessità continua di rifornimento dall’esterno di ciò che manca. Ne deriva conseguentemente una instabilità del sé, esposto alle evenienze di un mondo esterno che può gratificare ma anche frustrare. Venendo a Lei, mi sembra,quindi, di poter intravedere come la relazione amorosa avesse non solo un significato sessuale ma anche narcisistico e che,sommandosi all’esito negativo dell’esame universitario, abbia fatto precipitare la sua precaria autovalutazione innescando lo stato depressivo. A questo punto le consiglierei di iniziare un lavoro psicoanalitico allo scopo di bonificare, attraverso la creazione e lo sviluppo di un augurabile transfert positivo con lo specialista, le immagini interne contrassegnate, attualmente, da valenze ostili.Potrà così contare su una progressiva modificazione del vissuto tramite acquisizione di introietti buoni che siano in grado di garantirle un sentimento di sé meno esposto alle vicissitudini dell’esistenza.