Gent.mo dottore sono una giovane madre, il mio primo figlio ha solo tre mesi. Credo che dovrebbe essere un periodo di grande felicità ed invece da un anno la mia vita è diventata impossibile. Sono stata discretamente fino a 27 anni ma, da ragazzina, ho sofferto di anoressia, anche se, devo dire,in modo non grave. Successivamente sono stata tormentata da problemi ipocondriaci e da angosce, in generale, riguardanti la mia salute. Penso di essere stata aiutata non poco dal mio aspetto fisico, che mi ha permesso di poter contare su gratificazioni molto appaganti nelle relazioni sociali. Sul mio matrimonio, francamente, non c’è niente da obiettare, mio marito è di famiglia decisamente abbiente, è molto attaccato a me e ha un notevole successo anche a livello professionale. La svolta decisiva è avvenuta quando sono rimasta incinta. D’altra parte avevo sempre pensato di avere un figlio quando ero ancora abbastanza giovane, con l’idea di poter svolgere anche il ruolo di amica-confidente. Ho appreso perciò con entusiasmo il fatto di sapere che aspettavo un bambino. Dopo una quindicina di giorni però è comparsa nausea, vomito e una sensazione progressiva di estraneità (rifiuto?) nei confronti della gravidanza. Ho cominciato ( io salutista, ecologista fino all’ossessivo) a fumare intensamente sapendo bene quali problemi e danni può comportare al feto avere una madre tabagista. Hanno poi iniziato a comparire nella mia mente fantasie negative riguardo al bambino, che nascesse malformato, che avesse qualche handicap, che non fosse normale insomma. Contemporaneamente pensavo che il fumo di sigaretta non gli avrebbe fatto certo bene e notavo quanta contraddizione vi fosse tra le mie paure e i miei comportamenti! Il medico non mi ha voluto prescrivere gli ansiolitici per i primi tre mesi, dopo, piano piano, la situazione, a parte il fumo ( ho anche provato a smettere con il metodo fai-da-te ma dopo pochi giorni ho ricominciato) si è normalizzata. Al parto non ho avuto problemi, anche il dolore è stato sopportabile, il bambino è nato sanissimo, forse un po’ sottopeso (questo mi hanno detto che dipendeva dal fumo). Mi sembrava che tutti i disagi fossero ormai finiti, avevo anche ridotto un pò il numero di sigarette, ma da quando sono tornata a casa è iniziato un altro calvario. Ho letto un articolo sulla Sids la ”morte in culla” dei neonati, specie di madri fumatrici, e la notte non chiudo più occhio, in certi momenti mi sembra che il piccolo smetta di respirare, riesco ad appisolarmi, stremata, solo al mattino. Devo dire che mio marito mi è molto vicino, che anche i miei mi aiutano a farmi recuperare, di giorno, le ore che non dormo la notte, ma la situazione è davvero al limite della tollerabilità. D’altra parte sto allattando e quindi il medico mi ha detto che l’ uso di farmaci rilassanti non può essere che limitato, non so più che fare o che pensare.La saluto cordialmente. D.B.
Credo che il problema che si è posto in modo così evidente in età adulta, sia relazionabile a fantasie inconsce che hanno cominciato a crearsi e a trovare spazio nella sua mente molto prima, da piccola. Ipoteticamente posso pensare che la situazione sia emersa in un modo più evidente e marcato quando lei, diventando madre, ha, inconsciamente, innescato un confronto più diretto con la “imago” materna, rimossa,con caratteristiche persecutorie,la quale aveva già dato manifestazioni di sé a livello corporeo nel periodo anoressico (attacco al simbolo del suo diventare donna) e nelle angosce ipocondriache dell’età più adulta (come aggressione al sé corporeo tramite fantasie di malattia-morte). Da ragazza, credo che abbiano agito da valido contrappeso le gratificazioni di cui lei ha potuto usufruire grazie al suo aspetto e penso che questo si sia verificato per il fatto che il coefficiente di persecutorietà non era così marcato da essere in grado di aggredire anche stati di piacere psichico appaganti, derivanti dal narcisismo gratificato. Anche in questo caso, data la situazione, diversificherei l’intervento, optando per un lavoro ipnoterapeutico con baricentro spostato su un rinforzo dell’io, da portare avanti per qualche mese dopo lo svezzamento (terapia che può svolgere una funzione positiva anche a livello antitabagico) fino al momento cioè che l’età del bambino le garantisca una maggior autonomia; a quel punto, decidere, in base alle sue caratteristiche peculiari, se optare per un lavoro psicanalitico profondo o una psicoterapia maggiormente orientata all´esame di realtà.