Gent. mo dottore, ho trovato il coraggio di scriverle dopo molti tentennamenti. Ho appena finito il liceo, ho studiato tanto, ma dentro sono rimasta come una bambina. Mi sento fragile e ho paura di tutto, potrei dire ho paura del mondo (?). Fisicamente sono normale, cioè né bella né brutta, ma vedo quelle come me, o anche peggio di me, che la vita la aggrediscono, che hanno voglia di fare un sacco di cose, sono simpatiche, dinamiche, piene di iniziativa..…Fino a che andavo al liceo mi sentivo come protetta, il gruppo di amiche mi dava conforto, ora ho cominciato l’università ma mi trovo come smarrita tra tutti quegli estranei. Lei avrà già capito che di ragazzi nemmeno a parlarne, credo di non piacere e, francamente, non mi sento di dar loro torto, certo che anche io non faccio niente per rendermi interessante. Devo dire che,in famiglia,gli stimoli sono davvero pochi. Tutti e due, mia madre e mio padre, una casalinga, l’altro già in pensione, non fanno che parlare di malattie e dei guai del mondo, forse lei ora penserà che sono cresciuta in un bell’ambientino, vero? Fratelli non ne ho, magari avrei avuto qualcuno con cui condividere i vari problemi. Ora mi chiedo se sono davvero depressa come a volte mi dicono le mie amiche (quelle che mi sono rimaste)oppure afflitta da timidezza inguaribile,credo davvero di essere un bel caso clinico, o mi sbaglio? La saluto e la ringrazio anticipatamente se mi vorrà dare una parola di conforto o suggerire qualche consiglio .C.N.
Devo dire che questa lettera mi sembra estremamente emblematica della problematica di cui oggi tanto si parla circa il disagio giovanile. Io però, per mia impostazione, sono refrattario a vedere le difficoltà e le sofferenze psichiche in un ottica generale e quindi mi sento portato ad esaminare sintomi e conflitti nell’ambito del singolo individuo. Il problema posto da questa giovane ragazza fa pensare che siamo di fronte ad una fragilità del senso di identità, che affonda le sue radici in un rapporto familiare in cui le figure di riferimento hanno fornito messaggi precari a livello di piacere esistenziale e vitalità, per carenze personali di autostima che si sono riverberate sulla giovane impregnando il suo psichismo. Esiste in lei una tendenza a proiettare la sua scarsa autovalutazione sugli altri per meccanismo di identificazione proiettiva e questo spiega il timore dei suoi simili, le difficoltà relazionali e sessuali e la percezione di estraneità se si trova in un gruppo di persone con cui ha uno scarso contatto. Quindi lei è terreno di sintomi variegati a valenza inibitoria, depressiva, fobico-ansiosa senza, secondo me, che si possa rubricare il suo caso in una entità nosografica ben precisa anche se il mio parere è che, nel campo psichico, la tassonomia non ha nessuna rilevanza per il soggetto , essendo un essere umano con la sua singolarità una entità da comprendere profondamente e da aiutare e non un etichetta da attaccare in un testo di casistica clinica. Detto questo,posso consigliarle,contando su una sua disponibilità, un lavoro di approfondimento psicoanalitico teso a rinforzare il suo ego attraverso la comprensione delle dinamiche profonde e a bonificare la componente superegoica, in modo che l’istintività abbia i suoi spazi e che le valenze autovalutative trovino positivamente la loro collocazione.Lo strumento ipnotico-ipnoterapeutico in questo caso sembra non avere caratteristiche di cui possiamo utilmente servirci.